Il Lago Maggiore, visto dal tee di partenza della 18 del Des Iles Borromées, ha un
fascino misterioso. Se non proprio carico di segreti, il Verbano un po’ bizzarro lo è.
Intanto il nome, che trae in inganno generazioni di scolari alle prese con le nozioni di
geografia: “Qual è il più grande lago italiano?” “Il Maggiore o Verbano, signora
maestra”. “Asino, è il Garda che è più grande del Maggiore e del Lago di Como
messi insieme”. E poi le due sponde, quella “grassa” piemontese e quella “magra”
lombarda, diverse che più diverse non si può. D’accordo: accade in tutti i laghi ai
piedi delle Alpi che sulla riva occidentale il turismo la faccia da padrone mentre su
quella orientale occorra saper scovare i tesori che vi si celano. Ma qui da una parte
soggiornavano gli aristocratici di mezza Europa, dall’altra ci si consumava nelle
fabbriche di ceramica o nelle officine della piccola e piccolissima industria. E
verrebbe da pensare che quelli gioviali, divertenti, spassosi siano gli abitanti della
sponda grassa. Invece in quel fazzoletto di terra che, sulla riva opposta, va da Laveno
a Cittiglio e poi su su fino a Luino, sono sbocciati alcuni dei più grandi e stralunati
interpreti della comicità italiana: da Renato Pozzetto a Francesco Salvi, da Enzo
Iacchetti a Massimo Boldi, per non parlare di Nanni Svampa e di sua maestà Dario
Fo. Enzo Iacchetti sostiene che è proprio la conformazione del lago alla base di
questa fioritura: “I pensieri non trovano ostacoli sul loro cammino, prendono velocità,
attraversano l’acqua fino ad arrivare sulla sponda opposta dove si imbattono nella
montagna, rimbalzano e tornano indietro nelle nostre teste, provocando quelle
deflagrazioni che diventano battute, nonsense, testi surreali”.
Lo sapeva bene Piero Chiara che su questi personaggi un po’ border line ha costruito
il suo cast letterario. Se a guidarci nel nostro viaggio sul Verbano ci fosse, ad
esempio , il Temistocle Orimbelli, protagonista de “La Stanza del Vescovo”, allora
sì che scivolare sull’acqua tra Lombardia, Piemonte e Svizzera diventerebbe un
percorso in equilibrio tra realtà e fantasia. Temistocle conosceva le darsene, le ville,
le insenature, ma anche le mille storie che il lago racconta, i pettegolezzi che
galleggiano tra un’onda e l’altra, le avventure che si incontrano dove l’acqua
accarezza la riva.
Ma anche senza l’Orimbelli al timone della “Tinca”, il viaggio è di quelli che non si
dimenticano. Sulla barca ci starebbe di diritto anche la sacca da golf. Sulle sponde del
lago in una settantina di chilometri si incontrano 10 Circoli per un totale di 171 buche
da campionato. Offerta da Costa del Sol, per intenderci, quanto a densità di percorsi.
Potremmo suggerire all’Orimbelli di farci attraccare al porto di Arona. Qui, salendo
verso il Mottarone, ci si imbatte nel campo che ha fatto da capostipite a tutto il fiorire
successivo. L’Alpino di Stresa accoglie i golfisti dal settembre 1925. Qui si gioca
nella storia. Il campo è stato disegnato da Peter Gannon e portato a termine da
Francesco Pasquali che su quel percorso si laureò anche primo vincitore dell’Open
d’Italia. Le nove buche di Gignese ospitarono infatti le prime tre edizioni del più
importante torneo tricolore. Il percorso si snoda a 700 metri di altezza e come ai
tempi di Pasquali continua a mettere alla prova le capacità di chi lo sfida. Alcune
buche sono cieche (sui tee di partenza della 2 e della 3 due monitor consentono di
non rischiare di colpire il flight che precede), tutte obbligano a studiare un’attenta
strategia per arrivare in green senza troppi problemi.
A sei chilometri dall’Alpino si aprono i cancelli del Golf Des Iles Borromées, 18
buche par 72, disegnate da Marco Croze e aperte dal 1987. Anche qui la posizione
consente non solo di fuggire dall’afa estiva, ma anche di assaporare panorami unici:
dal green della 9 lo sguardo spazia verso le montagne del Sempione e della Val
Grande. Dal tee di partenza della 18, il panorama abbraccia quattro laghi (Maggiore,
Varese, Monate e Comabbio) oltre a tutta la catena delle Alpi del Canton Ticino. Il
percorso lo ha ideato la natura e si vede subito. Betulle, pini, abeti, larici, querce,
lecci e castagni si aggiungono ai dislivelli e agli ostacoli del terreno, rendendo il
gioco molto divertente, ma anche impegnativo.
Risalendo la sponda piemontese del Maggiore, in meno di mezz’ora si arriva al Golf
Continental Verbania, 9 buche con doppie partenze par 68 e altre 9 executive. Qui
dal 1996 migliaia di turisti italiani e stranieri si cimentano con un percorso
pianeggiante sulle rive del lago di Mergozzo. Una serie di ostacoli d’acqua e una
macchia di ontani rappresentano le difficoltà principali di un tracciato piacevole e
riposante.
Un’altra mezz’ora di auto e si sale fino ai 1.000 metri di Premeno. Siamo alle porte
della Val Grande, la zona selvaggia più estesa d’Italia. Qui il Golf Piandisole
propone 9 buche doppie partenze par 68. Anche in questo caso alcune buche
rappresentano un test impegnativo per ogni tipo di giocatore. A partire dalla 6, un par
3 in salita, per finire alla 9, par 4 di 372 metri con dog-leg a sinistra, che si è
guadagnata l’attestato di più difficile di tutto il percorso.
Costeggiando il Lago Maggiore verso nord si arriva in Svizzera, ad Ascona, perla
rossocrociata del Verbano. Qui da secoli il Patriziato , ossia l’ente di diritto pubblico
che amministra proprietà collettive (simile alle Regole Ampezzane o alla Magnifica
Comunità della Val di Fiemme, per intenderci) difende luoghi, tradizioni e interessi
della collettività. E gestisce direttamente, oltre a boschi e terreni, anche il lido, il
porto, il tennis e il golf. Il Golf Patriziale di Ascona è stato aperto nel 1928 e da
allora è considerato uno dei percorsi più belli di tutta la Confederazione.
L’impressione è di giocare in un parco: 50 ettari di zona verde di grande bellezza con
più di 60 tipologie di alberi, innumerevoli specie di fiori, uccelli, insetti. Non è
insolito imbattersi a volte in tassi e volpi. Le 18 buche pianeggianti hanno fairways
abbastanza ampi da non mettere troppa pressione sul tee shot, ma poi si rivelano intriganti e affascinanti per giocatori di ogni capacità. Manutenzione, in pista e fuori,
sempre ai massimi livelli.
Basta spostarsi di una manciata di chilometri all’interno e si è subito sul tee della 1
del Golf Gerre di Losone (18 buche, par 71, 6250 metri) immerso in un paesaggio
naturale, unico e tipicamente ticinese, in una vallata fiancheggiata dalla Valle
Maggia e dalle Centovalli. Il campo è prevalentemente pianeggiante e adatto a
giocatori di qualsiasi livello. Un consiglio: sfruttate la sunset rate che permette di
giocare in orari un filo meno comodi, ma anche meno frequentati e, soprattutto, quasi
a metà prezzo.
Tornando verso sud, sulla sponda varesina del Maggiore, una volta oltrepassate la
Luino di Piero Chiara e la Laveno di Renato Pozzetto, dalle parti di Ispra una
deviazione di qualche chilometro conduce al Golf dei Laghi (18 buche, 6.137 metri,
par 73). Il percorso è vario e completo: 6 buche pianeggianti in campo abbastanza
aperto, 6 nel bosco e 6 a salire e scendere una collina. Da quando il percorso è stato
preso in gestione da Golf Idea, la manutenzione è tornata ai massimi livelli, con
continui miglioramenti dei fairways e delle zone accessorie ( negli ultimi tempi sono
state messe a dimora 55 piante delle famose “pesche di Monate”, succulenta
specialità della zona).
Dove il Lago Maggiore si incanala nel Ticino, il Golf Club Arona da oltre 20 anni
sforna nuovi golfisti e offre 9 buche divertenti e interessanti. Laghetti e bunker
complicano la vita ai giocatori più irruenti, ma tutti i frequentatori hanno imparato a
rispettare un percorso non troppo vasto, ma piuttosto impegnativo. La manutenzione
è sempre a ottimi livelli, i prezzi – e di questi tempi non è poco – molto abbordabili.
Sulle alture che fanno da contorno alla parte meridionale del Maggiore, in pratica uno
di fronte all’altro, due dei percorsi più belli d’Italia. Da una parte il Golf Club
Castelconturbia, 27 buche opera di Robert Trent Jones sr, una firma una garanzia. I
tre percorsi a 9 buche (giallo, azzurro e rosso) hanno caratteristiche abbastanza simili
e questo consente di abbinarli con grande facilità. Alcune buche restano nella
memoria ( la 7 gialla su tutte: par 4 dog leg a sinistra, bandiera su un isolotto tra i
salici e, come sfondo, sua maestà il Monte Rosa), ma tutto il campo è da urlo.
Compresa la splendida club house – con tanto di foresteria – dalle cui terrazze si
abbracciano le buche finali di ogni tracciato, una specie di golf stadium
apprezzatissimo nelle due edizioni dell’Open disputate a Conturbia.
Quasi dirimpettaio il Golf Club Bogogno propone due percorsi da leccarsi i baffi: il
Conte ( 18 buche, par 72, 6.206 metri) più pianeggiante e malleabile, il Bonora ( 18
buche, par 72 , 6.284 metri) che rappresenta una specie di tesi di laurea per chi crede
di saper domare anche le buche più difficili. Il tutto ospitato in un parco secolare, con
club house accogliente e un raffinato hotel con spa super attrezzata.
Anche i meno romantici non resistono al fascino di un aperitivo al tramonto sulla
terrazza della club house, quando il sole gioca a rimpiattino con i Monte Rosa e le
ombre si allungano sui green vellutati e sui laghetti del percorso.
Dieci campi, 171 buche, trasferimenti agili, panorami da cartolina. Il riso col persico
e la “paniscia” non danno scampo alla paella.
Costa del Sol, quest’anno non mi avrai.