mercoledì 25 Dicembre 2024
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Il golf dove il tempo si è fermato

A Kingarrock, lungo la strada per St. Andrews, per un’esperienza indimenticabile

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A Kingarrock, lungo la strada per St. Andrews, per un’esperienza indimenticabile

Chi rimane folgorato sulla via di St. Andrews, per poi diventare un praticante integralista della fede golfistica, matura sicuramente un sogno che prima poi vorrebbe riuscire a trasformare in realtà: calpestare i sacri fairway delle 18 buche più famose del mondo, quelle dell’Old Course, il posto dove è nato il golf.

Se vi capita prima o poi di avere l’opportunità di intraprendere questa sorta di pellegrinaggio con la sacca al seguito, dovreste inserire sul vostro itinerario di viaggio anche una sosta intermedia da considerare propedeutica alla meta finale. Per arrivare a St. Andrews, una volta sbarcati a Edimburgo, si deve attraversare il Forth Road Bridge e poi dirigersi verso est in direzione di Kirkaldy. Giunti all’altezza di questa località si possono scegliere due strade per raggiungere la Mecca del Golf: una è la Fife Coastal Road, un percorso panoramico tutto affacciato sul mare lungo il quale si trovano diversi campi da golf; l’altra, invece, è la A92, una strada interna, non molto larga, poco battuta, che porta a destinazione attraversando diversi paesi, uno dei quali è Cupar al centro del Fife, la regione di St. Andrews. Nei suoi dintorni, arrampicato sulle colline e quasi nascosto tra gli alberi, si trova un campo da golf molto particolare, il Kingarrock Golf Club. Questo circolo dispone di un tracciato di nove buche, nemmeno troppo belle e spettacolari, ma è famoso per una caratteristica speciale, oltre ad avere un’interessante storia che vale la pena di conoscere. La specificità di questo campo è che lo si gioca esclusivamente con l’attrezzatura fornita dal club e non si tratta di un aspetto di poco conto: a fronte di un green fee di 70 sterline si ha disposizione una vecchia sacca di tela con finiture in pelle nella quale si trovano 5 bastoni e tre palline. Tutto questo materiale è rigorosamente originale e risale agli anni tra il 1920 e il 1930.

Compreso nel green fee c’anche un bicchierino di ottimo wisky, giusto per entrare nello spirito del luogo. A consegnare il Brassie (legno 2), il Driving Iron (ferro 1), il Mid Mashie (ferro 3), il Mashie Niblick (ferro 7), un putter dalla forma assai diversa da quella attuale, tutti con lo shaft in hickory (un particolare varietà di legno usato un secolo fa per realizzare la canna dei bastoni da golf), e le palline d’epoca è David Anderson, un pensionato scozzese innamorato del golf ed ex rugbysta dei Wanderers di Edimburgo, che dal 2008 gestisce il club assieme alla moglie Michelle. La storia del Kingarrock Golf Club si snoda mescolando la passione per questo sport e le tristi vicende di una famiglia, quella di Frederic Sharp, un ricco industriale della iuta. Frederic era anche un ottimo giocatore di golf e costruì questo campo nel 1906 utilizzando il terreno che circondava la casa di campagna di Cupar dove si era trasferito qualche anno prima con tutta la sua famiglia proveniente da Dundee. In breve tempo le nove buche del Kingarrock Golf Club divennero il ritrovo dei golfisti della zona. Quando Frederic morì nel 1932, il figlio  Hugh proseguì la passione del padre fino al 1937 quando il giovane Sharp perse la vita in un incidente ferroviario. A seguito di questo evento luttuoso la famiglia lasciò Cupar abbandonando così la casa e il campo da golf che poco dopo fu destinato ad uso agricolo e anche a scopi militari nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Nei primi anni ’90 tra i vecchi documenti conservati nella casa degli Sharp, che nel frattempo era stata acquistata da un “trust” di investitori, furono ritrovati i disegni originali del campo da golf oltre a una sacca appartenente a Frederic. David Anderson e sua moglie Michelle, che facevano parte del gruppo di investitori, ebbero la “pazza” idea di riportare in vita il vecchio campo da golf rispettando il lay out originario e di farlo giocare solo con i bastoni degli anni ‘30. Per realizzare questo progetto investirono il loro tempo e i loro risparmi e nel 2008 inaugurarono il nuovo Kingarrock Golf Club che in realtà era uguale a quello vecchio. Per la verità fu fatta qualche piccola modifica sul disegno delle buche soprattutto per evitare alcuni incroci tra esse che potevano diventare pericolosi. Il percorso è abbastanza corto e ha fairway non molto larghi con i green piuttosto piccoli, come era in uso un tempo se non altro per ridurre i tempi e i costi di manutenzione. A proposito di manutenzione a Kingarrock i green e i collar sono ancora preparati con macchine a mano mentre i fairway vengono falciati con attrezzi trainati come si usava un tempo. Naturalmente l’accuratezza dei tagli non è come quella che si ottiene con le macchine di oggi, ma tutto questo, assieme alla mancanza di un impianto di irrigazione e all’assenza di qualsiasi prodotto chimico fertilizzante, rientra nella volontà di avere un percorso che abbia l’aspetto più naturale e autentico possibile. Arrivare sul tee della prima buca, un par 4 in leggera salita, con l’idea di dover colpire una vecchia pallina con un bastone che si usava più o meno un secolo fa da una certa emozione. La cosa importante, però, è ricordarsi il consiglio che David Anderson elargisce a tutti i suoi ospiti prima di iniziare il giro: slow swing. In effetti la cosa più importante da tenere a mente per ottenere un buon colpo con un “brassie” con lo shaft in hickory è il ritmo del movimento che non deve mai essere troppo aggressivo. Se si segue questa indicazione le probabilità di effettuare un tee shot come si deve sono più elevate e la sensazione che si prova mentre la pallina si alza in volo verso il centro del fairway è davvero qualcosa di speciale.

Naturalmente le distanze che si ottengono non sono paragonabili a quelle che si raggiungono con l’attrezzatura moderna, ma a Kingarrock non è importante. Per completare il giro delle nove buche bastano meno di due ore, anche perché un rough gentile evita lunghe ricerche delle “preziose” palline d’epoca finite fuori linea, ma il tempo deve essere l’ultima delle preoccupazioni del golfista che capita da quelle parti. “Take your time” ripetono spesso, quasi in coro, David e Michelle Anderson invitando i loro ospiti a fare le cose con calma perché in quel posto, dove qualsiasi cosa sembra riportarti indietro di un secolo, la fretta non serve. A Kingarrock, però, il viaggio a ritroso nel tempo nonè solo l’emozionante esperienza di colpire una pallina con quei strani ferri che ormai si vedono solo nelle vecchie stampe  golfistiche d’epoca. C’è anche da assaporare l’atmosfera e il calore della club house, una specie di museo dove, tra vecchi libri e memorabilia varia, si avverte lo spirito di quel golf che non c’è più con il tempo si dilata senza creare apprensione. A rendere ancora più autentica questa incredibile esperienza tutta orientata al passato ci sono anche gli speciali biscotti frollini della signora Michelle (la ricetta è quella originale degli anni ’30) accompagnati da un bicchiere di “gingerbeer”, una bevanda creata dal caddie di Tom Morris, l’architetto dell’Old Course di St. Andrews e uno dei più grandi giocatori dei suoi tempi come confermano le quattro vittorie all’Open Championship tra il 1861 e il 1867. Rimettersi in viaggio verso St. Andrews dopo l’esperienza di Kingarrock ha un sapore diverso.

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Roberto Roversi
Roberto Roversi
Trent’anni fa era già un giornalista quando gli è venuta la malsana idea di giocare a golf. Successivamente ha avuto anche la presunzione di scriverne su alcune delle riviste di settore più importanti occupandosi di turismo golfistico. Finchè il fisico glielo ha permesso ha avuto una discreta confidenza con il par. Da un po’ di tempo, però, ha instaurato una relazione complicata con il doppio bogey.
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