Ma quello per il golf è davvero una specie di amore? In che cosa, cioè, l’amore per il golf assomiglia all’amore tout court? Capita di chiederselo, in qualche giorno di grazia, sotto un tetto azzurro di cielo che protegge le traiettorie per una volta obbedienti dei nostri colpi. Tutto è così perfetto, in quelle rare giornate da indurre quasi un senso di straniamento, richiamando alla memoria (con un po’ di sforzo per noi anziani) i giorni dell’amore totalizzante, quello “che strappa i capelli” per richiamarci a De André, quello che s’impadroniva della mente sfrattandone ogni altro pensiero.
Che rapporto c’è fra un amore e l’altro? Una comune caratteristica di base c’è: entrambi inducono una certa ansia da prestazione, imponendo di rivelarci all’altezza della sfida. Le prime divergenze nascono sulla durata temporale: il golf pretende una “tenuta” media di 4-5 ore, senza cedimenti. Ora, ognuno sa le cose sue e non è bello generalizzare: ma se dico che i minuti necessari a chiudere un par 3 (non facendo birdie, magari, se no è troppo breve) sono un tempo molto prossimo alla durata media di una serata di intimità coniugale, sono così lontano dal vero? Nello specifico, i pareri possono essere discordi (ripeto, ognuno sa le cose sue) ma un’altra considerazione, invece, riscuoterà consenso universale: 4-5 ore di amore continuato non sono esigibili da nessuno.
Quindi non possono esistere 5 ore di piacere ininterrotto, in campo erotico-sentimentale; mentre possono esistere (ed esistono, mi assicurano) 5 ore di soddisfazione golfistica senza sosta, nei giorni in cui – come da incipit di questa rubrica – tutto si combina al meglio: il clima, il campo, il gioco, il risultato. E’ un combinato disposto piuttosto raro, direte voi e con ragione. Ammetterete però che la replica è facile: quante volte, in quell’altra specie di amore, tutto s’incastra a perfezione, anche sorvolando sul delicato tema della durata temporale?
Ma forse è fuorviante contrapporre in senso antitetico queste due specie di amore. A pensarci bene si può anche individuare un’interazione fra esse. Ricordo perfettamente, e la offro quindi come documentata esperienza personale, che lo stato di euforia procurato da un giro sotto par (netto eh, non pretendiamo troppo) ha puntualmente avuto un effetto afrodisiaco superiore a un cabaret di ostriche, a tre quattro coppe di champagne e, in genere, a tutte quelle pietanze che – si dice – fanno bene all’amore.
Ricordo bene che la buona predisposizione verso il mondo creata da uno score vincente si è spesso trasmessa anche all’intimità, con effetti molto benefici. Ma siccome ci tengo a proporre ai lettori argomentazioni documentate, ho chiesto una conferma scientifica attendibile all’unica che potesse offrirla. “Mi confermi, amore – ho chiesto a mia moglie – che quando chiudo una gara sotto par, il “trasporto” aumenta ?”.
“Vorrei risponderti di sì, ma la memoria non mi assiste. Il ricordo di un tuo giro sotto par è troppo lontano. Ma se posso rispondere per contrasto, allora dico che giocare sopra par ha un evidente effetto disarmante. E a te capita spesso” ha risposto con una luce negli occhi che non avrei voluto vedere.
E’ allora che è sbocciata in me un’altra considerazione, quella finale. L’amore per il golf è meglio dell’amore tout court e sapete perché? Perché se decidete di farla finita, non può chiedervi gli alimenti. Non è dettaglio da poco.